Libano: una nuova fase politica tra ridimensionamento di Hezbollah e prospettive di stabilità.

admin 20/05/2025
Condividi

L’attuale fase storica del Libano si configura come un potenziale punto di svolta per il futuro politico, istituzionale e sociale del Paese. La combinazione tra l’elezione di una nuova leadership e il cessate il fuoco con Israele potrebbe aprire scenari inediti, ma non privi di sfide e criticità. Dopo oltre due anni di stallo, il Parlamento libanese ha eletto il 9 gennaio 2025 Joseph Aoun, comandante delle Forze Armate Libanesi, come Presidente della Repubblica, seguito dalla nomina di Nawaf Salam a Primo Ministro. Entrambe le scelte hanno suscitato consenso interno e internazionale, con apprezzamenti espressi dagli Stati del Golfo, dagli Stati Uniti e dalla Francia. La figura di Joseph Aoun, a capo dell’istituzione militare più rispettata del Paese, e il curriculum internazionale di Nawaf Salam hanno contribuito a consolidare la credibilità dell’esecutivo libanese in un momento di cruciale importanza.

Tuttavia, le sfide si annunciano complesse. La recente visita dell’Inviata statunitense Morgan Ortagus ha confermato la linea di Washington: ogni processo di sostegno alla ricostruzione economica sarà subordinato al disarmo delle entità armate non statali, con riferimento esplicito a Hezbollah. Il Partito di Dio, consapevole del progressivo indebolimento delle proprie capacità logistiche e delle crescenti divisioni interne alla società libanese, ha manifestato la propria disponibilità ad avviare un processo di ridimensionamento, pur condizionandolo alla cessazione delle operazioni israeliane. Si delinea così una fase interlocutoria, nella quale il ruolo storico e il peso politico-militare di Hezbollah appaiono soggetti a una revisione forzata dal contesto interno ed esterno.

 

Hezbollah: genesi e trasformazione.

Il Partito-milizia nasce nel 1982 durante l’operazione israeliana “Pace in Galilea”, con una componente ideologica fortemente influenzata dalla Rivoluzione iraniana del 1979, come espressione di resistenza sciita ispirata all’ideologia khomeinista. La sua bandiera – che riprende la simbologia dei Pasdaran iraniani – e il manifesto del 1985 ne sintetizzano l’identità: una milizia politico-religiosa votata alla lotta contro Israele e il rifiuto di qualsiasi accordo di pace con Tel Aviv . Negli anni ’80, il gruppo si è distinto per una campagna di attentati suicidi, culminata nel 1983 con un duplice attentato dinamitardo che provocò la morte di 241 marines statunitensi e 56 paracadutisti francesi situati nelle basi della Forza Multinazionale in Libano (FML). Con il tempo, Hezbollah ha progressivamente ridimensionato il proprio obiettivo di instaurare una Repubblica islamica in Libano, ma ha mantenuto inalterata la sua missione antisionista e la sua vocazione militare, consolidando la propria influenza anche attraverso una rete capillare di servizi sociali e sanitari.

 

Un rapporto difficile con la società libanese.

La relazione tra Hezbollah e la società libanese ha subito un contraccolpo significativo dopo l’esplosione al porto di Beirut nell’agosto 2020, che ha causato 218 vittime e migliaia di feriti. L’attenzione pubblica si è subito concentrata sul controllo storico esercitato dal Partito di Dio sull’area portuale, senza tuttavia giungere a una responsabilità politica o giuridica formalmente accertata. La gestione post-esplosione ha alimentato ulteriore sfiducia: da un lato, Hezbollah ha ostacolato ogni tentativo istituzionale di indagine indipendente; dall’altro, ha cercato di rafforzare la propria presa sulla popolazione attraverso iniziative assistenziali mirate.

Parallelamente, una parte crescente della comunità sciita ha iniziato a manifestare insofferenza verso la gestione monopolistica del potere da parte di Hezbollah. Tale dinamica si è intensificata nel corso del recente conflitto con Israele, innescando critiche anche da parte dei principali leader cristiani, come Samy al-Gemayel e Samir Geagea, che hanno accusato Hezbollah di trascinare il Libano in una guerra al servizio dell’agenda iraniana e a discapito della sovranità nazionale.

 

L’opposizione sciita a Hezbollah e Amal.

Le critiche interne alla comunità sciita nei confronti di Hezbollah e Amal non sono un fenomeno recente, ma affondano le radici nei primi tentativi di costruire un’alternativa politica al duopolio sciita. Già nel 2005, la fondazione del “Lebanese Shiite Meetup”, guidato dal religioso Muhammad Hassan al-Amin, rappresentò il primo tentativo organizzato di dare voce a una minoranza sciita dissidente.

Un secondo tentativo prese forma nel 2017 con la nascita de “La Voce dello Stato e della Cittadinanza”, costituita da circa 50 figure pubbliche sciite – ex comunisti, intellettuali, ex membri di Hezbollah – unite dall’obiettivo di promuovere una cittadinanza inclusiva e la priorità della lealtà nazionale sull’identità settaria.

Nel 2019, la fondazione del “Movimento Riformatore Sciita”, guidato dallo sceicco Muhammad al-Haj al-Aamli, avvio tale percorso, proponendo una piattaforma politica orientata a ridurre l’influenza iraniana e a rafforzare la democrazia libanese.

Figura simbolica di tale resistenza interna è Sayed Ali al-Amin, fondatore della “Voce dello Stato e della Cittadinanza” e critico di Hezbollah sin dagli anni ’80. Al-Amin si è distinto per la sua opposizione al principio della Wilayat al-Faqih, per le sue critiche al coinvolgimento militare di Hezbollah in Siria e al crescente allineamento del Libano all’asse iraniano.

 

Verso una nuova configurazione del potere.

Il ridimensionamento operativo e politico di Hezbollah si manifesta su più livelli. Da un lato, il gruppo ha dovuto ritirarsi a nord del fiume Litani, accettando di fatto un contenimento geografico delle operazioni. Dall’altro, pur rivendicando la legittimità della “resistenza”, la dirigenza – attraverso le parole del Segretario generale Naim Qassem – ha ammesso la necessità di adattare tattiche e strategie alla nuova fase, pur ribadendo che la rinuncia alla lotta armata non è contemplata.

Hezbollah si dice pronto a collaborare con il nuovo Presidente Aoun e il Primo Ministro Salam, pur mantenendo una posizione di autonomia rispetto al controllo statale delle armi. La disponibilità formale al dialogo istituzionale convive quindi con la riaffermazione del proprio ruolo “resistenziale”.

 

Il difficile equilibrio del nuovo Governo.

L’esecutivo guidato da Nawaf Salam si trova a operare in un quadro complesso. Sebbene la composizione del Governo limiti formalmente la rappresentanza diretta di Hezbollah, il gruppo conserva leve di potere attraverso l’alleanza con Amal, il quale controlla alcuni Ministeri chiave, tra cui quello delle Finanze, della Salute e dell’Ambiente. In particolare, la presenza di Yassin Jaber al Ministero delle Finanze rappresenta un potenziale veto implicito sulle decisioni strategiche.

Segnali di un progressivo ridimensionamento del controllo simbolico di Hezbollah emergono anche dal progetto di riqualificazione della strada dell’aeroporto internazionale Rafic Hariri di Beirut, promosso dal Ministero dell’Interno in collaborazione con Middle East Airlines, descritto come parte di una strategia per “liberare Beirut dagli slogan di parte”.

La riqualificazione dell’asse aeroportuale assume quindi un valore politico che trascende la manutenzione urbana, configurandosi come una manifestazione tangibile della volontà statale di affermare la propria sovranità su spazi tradizionalmente dominati da Hezbollah.

 

La prospettiva internazionale e le raccomandazioni strategiche.

Gli Stati Uniti e i principali partner occidentali del Libano riconoscono nella fase attuale un’opportunità per ridurre l’influenza politica e militare di Hezbollah, ma sono consapevoli della sua resilienza. Il supporto internazionale dovrà essere subordinato a garanzie stringenti, tra cui:

  • rafforzamento della sorveglianza sui flussi finanziari verso Hezbollah;
    supervisione delle spese ministeriali;
    condizionalità degli aiuti esteri a progressi concreti;
    assistenza mirata all’Esercito Libanese.

 

Conclusione

Il Libano si trova di fronte a una fase cruciale, sospeso tra promesse di nuova stabilità e il rischio di paralisi politica. Il ridimensionamento di Hezbollah appare reale ma non definitivo: il gruppo conserva una capacità di influenza oltre il piano militare. La sfida per la nuova leadership libanese e per la comunità internazionale sarà costruire un percorso di transizione che neutralizzi progressivamente il potere di veto di Hezbollah, senza far precipitare il Paese in nuove fratture settarie o crisi istituzionali.

 

Mattia Rossini


Condividi