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Posizione dell’amministrazione Trump sulle questioni in Medio Oriente

Bernard Selwan El Khoury 21/02/2025
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La linea politica di Trump in campagna elettorale

Durante la campagna elettorale, Donald Trump ha più volte espresso l’intenzione di ridurre il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti in Medio Oriente, privilegiando invece il rafforzamento delle alleanze regionali per sviluppare un modello economico e commerciale coeso. Ha sottolineato la necessità di stabilizzare la regione, evitando conflitti prolungati che possano diventare un problema centrale della sua amministrazione.

Uno dei pilastri della sua strategia annunciata è stata la volontà di espandere gli Accordi di Abramo, con l’obiettivo di coinvolgere anche l’Arabia Saudita nel processo di normalizzazione con Israele. Riyadh aveva più volte ribadito che una tregua duratura a Gaza fosse una condizione imprescindibile per avviare il dialogo con Washington su questo tema.

Trump ha anche ribadito che avrebbe mantenuto una linea dura nei confronti dell’Iran, intensificando le pressioni economiche e diplomatiche. La sua Amministrazione potrebbe adottare nuovamente la strategia della “massima pressione” per indurre Teheran a negoziare un nuovo accordo nucleare più favorevole agli Stati Uniti.

Un ulteriore aspetto emerso durante la campagna è stato il sostegno incondizionato a Israele, consolidando la politica già adottata durante il suo primo mandato, con il trasferimento dell’Ambasciata americana a Gerusalemme e il riconoscimento della sovranità israeliana sulle Alture del Golan. Sul fronte palestinese, Trump non ha mostrato segnali di voler riaprire il dialogo sulla soluzione dei due Stati, mantenendo una linea di disimpegno simile a quella del primo mandato.

È dunque possibile ipotizzare che Trump possa tornare a riaffermare il principio del “peace through strength”, privilegiando un approccio basato su pressioni massime e minime concessioni diplomatiche, nello specifico sui seguenti dossier:

  • Iran: possibile inasprimento iniziale delle pressioni su Teheran, ma con possibili aperture tattiche in fasi successive, sulla base di un approccio transazionale;
  • Israele: il sostegno a Tel Aviv rimarrebbe inequivocabile, consolidando l’eredità degli Accordi di Abramo e incentivando ulteriori iniziative diplomatiche nella regione;
  • Palestina: il riconoscimento dello Stato palestinese resterebbe altamente improbabile, in linea con il disimpegno mostrato durante la prima amministrazione;
  • interventismo militare: Trump potrebbe evitare un coinvolgimento diretto in conflitti prolungati, mantenendo invece un approccio pragmatico fondato su partnership economiche e alleanze strategiche.

In tale contesto, il suo approccio generale sembra puntare su una risoluzione rapida delle guerre in Medio Oriente per evitare che diventino un problema centrale della sua amministrazione.

 

Le prime azioni dell’amministrazione Trump

Con il suo ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump si trova in una posizione di forza in Medio Oriente, grazie ai due accordi di cessate il fuoco che ha ereditato: uno tra Israele e Libano, relativo alla presenza di Hezbollah, e un altro per Gaza. Questo scenario gli offre un vantaggio significativo, poiché può concentrarsi sull’applicazione delle tregue piuttosto che sulla loro difficile negoziazione. Mentre l’amministrazione Biden ha faticato a ottenere un risultato simile, Trump viene già percepito come un leader capace di portare stabilità laddove il suo predecessore non è riuscito.

Dalla sua rielezione, Trump ha già preso decisioni significative in linea con la sua politica mediorientale. Ha revocato le sanzioni imposte dall’amministrazione Biden contro i coloni israeliani responsabili di violenze in Cisgiordania e ha sbloccato la fornitura a Israele di bombe da 2.000 libbre, precedentemente sospesa dagli Stati Uniti.

Uno degli obiettivi principali della sua Amministrazione è porre fine alla guerra a Gaza e neutralizzare la minaccia nucleare iraniana. Per raggiungere questi traguardi, Trump ha iniziato a esercitare pressione sia su Israele che sui suoi alleati arabi, in merito ai seguenti dossier:

  • Gaza: Netanyahu è riluttante a ritirare l’esercito finché Hamas manterrà un controllo politico, ma Emirati Arabi Uniti, Egitto, Marocco e alcuni Paesi europei si sono detti disponibili a gestire un’amministrazione transitoria per avviare la ricostruzione. Tuttavia, questi attori richiedono un ritiro militare israeliano e un coinvolgimento dell’Autorità Palestinese, ipotesi che Netanyahu rifiuta. Trump potrebbe intervenire per colmare questo divario.
  • Normalizzazione con l’Arabia Saudita: Riyadh è pronta a riprendere i colloqui per una normalizzazione dei rapporti con Israele, ma solo dopo la fine della guerra a Gaza e l’avvio della ricostruzione. Trump potrebbe quindi mediare per garantire un accordo.
  • Minaccia iraniana: Trump sta valutando un insieme di pressioni economiche e minaccia militare per costringere l’Iran a negoziare sul nucleare. Se riuscirà a convincere Israele e l’Arabia Saudita sul ridimensionamento della minaccia iraniana, potrebbe ottenere concessioni su Gaza e sulla questione palestinese.

In tale contesto, Trump ha proposto il trasferimento di oltre un milione di palestinesi da Gaza nei Paesi vicini, tra cui Giordania ed Egitto, offrendo assistenza per la costruzione di nuove abitazioni in aree più sicure. Tuttavia, sia Giordania che Egitto hanno respinto la proposta, ribadendo la loro ferma opposizione a qualsiasi trasferimento forzato di popolazione.

 

Impatti su Europa e Italia

Le decisioni della Presidenza Trump avranno conseguenze rilevanti per la sicurezza dell’Europa e dell’Italia, soprattutto in termini di energia, sicurezza e migrazioni.

La guerra in Ucraina ha già esposto le vulnerabilità europee nella gestione dell’approvvigionamento energetico, e una nuova escalation in Medio Oriente potrebbe aggravare ulteriormente la situazione. Se il conflitto iraniano dovesse intensificarsi, le rotte energetiche attraverso il Golfo Persico e il Mar Rosso potrebbero subire interruzioni, con un impatto diretto sull’importazione di petrolio e gas.

Sul fronte migratorio, le tensioni in Gaza, Siria e Libano potrebbero aumentare i flussi di profughi verso l’Europa, mettendo ulteriore pressione sui sistemi di accoglienza e sulla coesione politica dell’UE. Un eventuale intervento militare statunitense contro l’Iran potrebbe generare instabilità a catena, alimentando nuove ondate migratorie dal Medio Oriente.

L’Italia, in particolare, potrebbe subire conseguenze dirette, dato il suo ruolo strategico nel Mediterraneo. Il Corridoio India-Medio Oriente-Europa, promosso da Washington come alternativa alla Belt and Road cinese, rappresenta un’opportunità per l’Italia, ma rischia di essere compromesso se le tensioni nella regione dovessero aumentare.

Infine, l’Unione Europea dovrà riconsiderare la propria strategia diplomatica per mantenere un ruolo attivo nella regione, specialmente se Trump dovesse disimpegnarsi ulteriormente dal Medio Oriente, lasciando un vuoto che potrebbe essere colmato da altri attori come Cina e Russia. Per mantenere stabilità e sicurezza, l’UE dovrà:

  • diversificare le fonti energetiche per ridurre la dipendenza da fornitori instabili;
  • rafforzare le relazioni diplomatiche con i Paesi arabi e Israele per stabilizzare il Mediterraneo;
  • adottare misure più efficaci nella gestione delle crisi migratorie per evitare impatti politici e sociali destabilizzanti.

Considerazioni conclusive

Il ritorno di Trump segna dunque una possibile svolta nella regione. Se riuscirà a consolidare le tregue esistenti e a spingere per una normalizzazione tra Israele e l’Arabia Saudita, potrebbe ridefinire l’assetto geopolitico del Medio Oriente per gli anni a venire. Tuttavia, la sfida iraniana rimane aperta, e il rischio di nuove tensioni non è da escludere.

Trump ha espresso l’intenzione di ridurre il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti in Medio Oriente, privilegiando invece l’empowerment dei partner regionali per sviluppare un modello commerciale coeso. La sua amministrazione potrebbe supportare lo sviluppo del Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa come strumento per stabilizzare la regione e ridurre la dipendenza americana. Tuttavia, il suo approccio “America First” e le priorità su altre questioni globali (come il commercio con la Cina e la guerra in Ucraina) potrebbero limitare l’attenzione dedicata a questa iniziativa.


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