La Turchia e il cambiamento demografico nel nord-ovest della Siria

Marta Felici 07/08/2024
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La guerra civile siriana e l’intervento turco nel nord della Siria hanno facilitato un progetto, più o meno esplicito, di cambiamento demografico nelle aree controllate dalle varie formazioni armate ribelli filo-turche, attualmente aggregate sotto l’organizzazione ombrello del Syrian National Army (SNA).

Nel 2017, a termine dell’operazione militare “Scudo dell’Eufrate”, volta al contrasto dello Stato Islamico e dei gruppi armati curdi, la  Turchia ha preso il controllo di una porzione della Siria settentrionale, estendendosi da Azaz a Jarabulus. L’anno successivo, le Forze Armate turche hanno lanciato una nuova offensiva, chiamata “Ramoscello d’Ulivo”, che ha interessato le regioni di Afrin e Tal Rifaat, nel nord-ovest della Siria. Nel 2019, la Turchia ha intrapreso un’altra operazione militare, denominata “Primavera di Pace”, diretta contro i territori dell’Amministrazione Autonoma del Nord e dell’Est della Siria (AANES) o Rojava (regione de facto nel nord-est della Siria, che, dapprima circoscritta ad aree a maggioranza curda, ha poi inglobato territori con la presenza di altri gruppi etnici, tra cui arabi, assiri, turcomanni e siriaci). 

A conclusione di queste tre operazioni, la Turchia e le milizie affiliate del SNA hanno assunto il controllo anche di territori a maggioranza curda. L’occupazione di al-Bab, Jarablus e Azaz nel 2016 ha dato avvio ad un vero e proprio cambiamento demografico nel nord della Siria. Non dissimile, per alcuni, dal progetto demografico del Governo baathista siriano di “arabizzare” l’area settentrionale del governatorato di Al-Hasakah, noto come “Arab Belt”.

Nell’area di Afrin, in particolare, dove la popolazione era a maggioranza curda, si è assistito ad una ristrutturazione demografica progressiva. Prima con l’offensiva militare, che ha costretto i residenti a lasciare il proprio territorio natio, poi con politiche demografiche ad hoc, il gruppo etnico curdo è stato ridimensionato considerevolmente, con stime che riportano la presenza curda al 25%. Anche a Ras al-Ain e Tal Abyad si sono registrate dinamiche analoghe. Politiche di reinsediamento di gruppi arabi, anche a causa della loro fuga dalle aree sotto il controllo del Governo del Presidente al-Assad (note sono le famiglie provenienti dal Ghouta orientale, Homs e Hama) hanno contribuito a questo nuovo disegno etnico.  

Nei distretti della Siria settentrionali controllati dai gruppi ribelli filo-Ankara, società turche del settore delle costruzioni, con il sostegno finanziario della Turchia, costruiscono numerosi complessi residenziali, dove vengono reinsediati i residenti scappati da al-Assad. Tali costruzioni vengono anche avviate da organizzazioni qatariote e kuwaitiane. Alcune fondazioni palestinesi sono state accusate di aver contribuito alla realizzazione di unità abitative nell’area di Afrin. D’altra parte, le famiglie originarie di questi luoghi, in particolare di Afrin, sono ancora sfollate. In maniera non dissimile numerose organizzazioni umanitarie turche attive nelle aree controllate dal SNA sono state accusate di agire sotto copertura, dirottando fondi e materiali alle milizie ivi presenti e persino a gruppi terroristici di scala regionale e globale, assicurando un clima di violenza in quei territori.

La multietnicità indotta dalla guerra civile o da attori esterni ha portato con sé un vento di tensioni sociali, che sfociano in scontri ed episodi di violenza di carattere principalmente etnico. Il 20 marzo 2023, alla vigilia Nawrūz, il Capodanno di diversi popoli mediorientali tra cui quello curdo, alcuni membri di una fazione del SNA hanno aperto il fuoco contro i residenti locali mentre erano in corso i festeggiamenti a Jinderes, distretto di Afrin. L’attacco deliberato ha provocato quattro morti, dando il via ad una serie di proteste e riproponendo la questione del popolo curdo. Nel marzo scorso, invece, nella campagna Jinderes, uno sfollato originario di Idlib ha ucciso un ragazzo di etnia curda. I motivi dell’uccisione sembravano risiedere in una lite tra l’autore dell’omicidio e il padre del ragazzo; tuttavia, l’episodio ha scatenato una nuova ondata di manifestazioni a sostegno dei diritti dei curdi.

In generale, le aree controllate dal SNA assistono giornalmente a episodi di violazioni nei confronti della popolazione, anche non curda, e delle loro proprietà. Le milizie filo-turche arrestano, detengono arbitrariamente, estorcono denaro ai residenti e agli sfollati, oltre a distruggere tombe e siti storici, nonché piantagioni e campi, violando i diritti reali e civili dei cittadini. Il regime di arbitrarietà rimane tollerato e impunito dalle autorità politiche della Coalizione nazionale dell’opposizione siriana, di fatto dipendenti Turchia.  La strategia della Turchia in Siria non sembra limitarsi a offensive di tipo militare. Accanto ai frequenti attacchi condotti in direzione dei territori dell’AANES, volti a colpire elementi ritenuti affiliati, a torto o a ragione, al Partito dei Lavoratori del Kurdistan e giustificati dalla necessità di garantire la sicurezza delle frontiere meridionali turche, si assiste ad una lenta e progressiva influenza sulla struttura demografica della Siria. Le due questioni rimangono indissolubilmente legate e la presenza della popolazione curda nel nord-ovest della Siria rimane incerta.


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