L’operazione per la liberazione del sud della Libia: obiettivi e incognite

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Il 15 gennaio, il comandante generale dell’esercito nazionale libico (LNA), il Maresciallo Khalifa Haftar, ha lanciato un’operazione militare nelle aree sud-occidentali della Libia, nella storica regione del Fezzan, che si propone sei obiettivi, come riferito dallo stesso comando generale dell’LNA, e in particolare: “difendere e garantire la sicurezza degli abitanti dai terroristi”, sia dell’ISIS che di Al-Qaeda, e dalle bande criminali, in primis quelle dell’opposizione ciadiana, diffuse nelle aree meridionali, “che praticano brutali crimini, dai sequestri agli omicidi, dalle estorsioni e al contrabbando”; tutelare l’integrità territoriale e l’indipendenza libica; garantire la sicurezza delle risorse del popolo libico, il petrolio e il gas; difendere il sistema del Grande fiume artificiale, che alimenta tutte le regioni libiche; garantire ai cittadini l’accesso ai servizi di prima necessità, come il carburante, i materiali medici e i generi alimentari, e l’apertura e la messa in sicurezza di tutte le strade che collegano il sud al nord del Paese.

Nell’ambito di questa operazione militare, il comando generale ha inviato nella regione diverse brigate, per dare man forte alle unità già posizionate nell’area, tra cui la 177^ Brigata di fanteria, di stanza a Ubari. In particolare, la 155^ Brigata di fanteria è stata inviata nella regione per consolidare le postazioni dell’esercito nel sud e fornire supporto alle operazioni militari, assieme alla 188^ Brigata di fanteria. Inoltre, diversi distaccamenti della forza anti-sommossa e anti-terrorismo della direzione generale della sicurezza centrale hanno raggiunto la base aerea di Tamanhint, a Sebha.

La conquista della base aerea di Tamanhint, a Sebha

Il primo passo compiuto dalle forze del Maresciallo Haftar nell’ambito dell’ “operazione di liberazione del sud”, meglio nota come “operazione per ripulire il sud della Libia” dalle bande terroristiche e criminali, è stato prendere il controllo della base aerea di Tamanhint, a Sebha, capitale storica del Fezzan, per agevolare l’esecuzione di raid aerei finalizzati ad eliminare i ribelli e i mercenari, e impedirne la fuga nel deserto. Fonti diplomatiche ben informate, citate dalla stampa libica, hanno confermato l’esistenza di una cooperazione ad alti livelli tra il comando dell’esercito libico e gli Stati confinanti (Ciad, Sudan e Niger) per impedire l’infiltrazione in questi Stati di individui in fuga dal campo di battaglia. La sera del 14 gennaio, un giorno prima del lancio ufficiale dell’operazione, alcune unità dell’esercito libico sono entrate nella base aerea per prepararsi alla battaglia. Preso il controllo della base di Tamanhint, le forze armate sono quindi entrate in alcuni quartieri di Sebha per liberarli dalle bande ciadiane e dai residui dell’ISIS e di Al-Qaeda, alleati con le organizzazioni ribelli straniere.

L’avanzata verso i confini con Ciad e Niger

A fine gennaio, l’esercito ha annunciato di aver preso il controllo di Sebha e delle sue istituzioni, compresi diversi siti militari. In seguito, l’esercito libico ha preso il controllo della base di Al Wigh, situata nell’area di El-Gatrun, nell’estremo sud della Libia, vicino ai confini con il Ciad e il Niger. Secondo quanto annunciato dalla Brigata “Subl al-Salam”, la base di Al Wigh era diventata negli ultimi anni una postazione delle bande ciadiane, dopo che lo Stato ne ha perso il controllo nel 2012, quando il sud della Libia cadde sotto il controllo delle organizzazioni terroristiche e delle bande criminali. La sera del 31 gennaio, l’esercito libico ha annunciato di aver preso il controllo dell’area di Ghadwa, 60 chilometri a sud di Sebha.

1° febbraio: scontri diretti tra l’LNA e le milizie locali. Arriva la condanna del Governo di Tripoli

All’alba del 1° febbraio, si sono registrati i primi veri scontri all’interno dell’operazione per ripulire il sud della Libia: fino a questo momento, l’esercito di Haftar era entrato in diverse città meridionali e preso il controllo di siti strategici con la cooperazione degli abitanti, perlopiù favorevoli all’operazione per imporre la sicurezza in una regione in cui lo Stato e la sicurezza erano assenti da anni.

Una forza facente capo ai combattenti dell’opposizione ciadiana, all’alba del 1° febbraio, ha tentato di avanzare dall’area di Taraghin verso le postazioni dell’esercito a Ghadwa, nel disperato tentativo di sbarrare la strada alle forze armate libiche e impedire loro di avanzare, ma le forze armate sono riuscite a respingere l’attacco. I sanguinosi scontri con i mercenari ciadiani, guidati da Muhammad Hakimi, hanno provocato la morte di almeno due soldati, mentre diversi ribelli sono stati uccisi ed altri, feriti, sono stati arrestati, come documentano alcuni video.

Il 3 febbraio, l’aviazione libica ha bombardato alcuni assembramenti dell’opposizione ciadiana e i loro alleati alla periferia dell’area di Murzuch. Proprio questo raid ha dato il via al contrattacco da parte del governo di accordo nazionale (GNA), con sede a Tripoli e contrario alle politiche di Haftar. Tramite un comunicato del 5 febbraio, il GNA ha condannato questa escalation militare, e ha chiesto di cessare immediatamente queste azioni per preservare la pace civile ed evitare lo spargimento di sangue. L’esercito guidato da Haftar, forte del supporto della popolazione del sud della Libia, non ha cessato le operazioni militari e le sue forze si sono dispiegate nella città di Ubari, prendendo il controllo delle sue istituzioni.

La battaglia del campo petrolifero di Al-Sharara: Haftar Vs Serraj

Il 6 febbraio, il portavoce dell’LNA, Col. Ahmad al-Mismari, ha annunciato che “le forze armate sono arrivate nel campo petrolifero di Al-Sharara” senza ingaggiare alcun combattimento o trovare alcuna resistenza, in accordo con il gruppo che sovrintende la messa in sicurezza del campo. Proprio nell’area di Al-Sharara e Ubari si sono registrati degli scontri per la seconda volta dal lancio dell’operazione per la liberazione del sud, e, per la prima volta, v’è stato un confronto diretto tra le forze di Haftar e quelle di Al-Sarraj, guidate dal Gen. Ali Kunna, nominato dal Consiglio presidenziale come comandante della regione militare di Sebha per contrastare le operazioni militari dell’esercito libico nel sud. Gli scontri sono scoppiati alle prime ore del mattino del 7 febbraio a sud di Ubari, nella caserma di Tindi: alcune forze dell’esercito, in primis la 177^ Brigata di fanteria, sono state attaccate da diversi combattenti facenti capo a Kunna.

Una fonte vicina al Gen. Ali Kunna ha confermato che questi ha ricevuto l’ordine da Fayez al-Sarraj, in qualità di comandante supremo dell’esercito libico, di “adottare le misure necessarie per difendere Ubari e riprenderne il controllo”. In merito a questi scontri vi sono però notizie contrastanti: Kunna ha confermato che le forze dell’esercito facenti capo a Haftar non sono entrate nel campo petrolifero di Al-Sharara, dove “attualmente è presente la Guardia delle strutture petrolifere”, contrariamente a quanto affermato dal portavoce delle forze armate libiche, che ne ha rivendicato il controllo. Solo alcuni giorni dopo, l’Alto consiglio sociale dei Touareg della Libia ha posto fine alla questione “rispondendo agli appelli della sua comunità nel Fezzan e dei loro alleati in Libia in merito alla situazione nel campo petrolifero di Al-Sharara”. Il Consiglio ha spiegato in un comunicato che, dopo i “faticosi contatti con tutte le componenti sociali e militari di Ubari”, avvenuti la sera dell’11 febbraio, il campo petroliero di Al-Sharara, la centrale elettrica di Ubari e tutte le istituzioni dello Stato nella città sono stati consegnati al comando generale dell’esercito libico.

Al-Mismari ha intanto accusato Kunna di agire per conto del Qatar, dove il Generale risiedeva, e ha aggiunto che anche il leader dell’opposizione ciadiana, Timane Erdimi, guida dal Qatar e con il denaro del Qatar la battaglia nel sud della Libia.

Dalla guerra terrestre a quella aerea

Terminati gli scontri nell’area di Ubari, la sala operativa delle forze dell’aviazione dell’LNA, ha annunciato il divieto di decollo e atterraggio negli aeroporti e nelle piste di atterraggio della regione meridionale. La sala operativa ha messo in guardia qualsiasi velivolo dall’atterrare nella regione meridionale, sottolineando che sarà considerato obiettivo legittimo dei caccia dell’aviazione libica. Il 9 febbraio, pochi giorni dopo questo annuncio, un MiG-23 dell’esercito libico ha bombardato la pista di atterraggio del campo petrolifero di El Feel, dove si trovava un aereo civile della Libyan Airways che stava trasportando diversi feriti dal campo petrolifero a Tripoli, sul quale si trovava anche il Gen. Ali Kunna. In un comunicato, il Consiglio presidenziale ha fermamente condannato il bombardamento, considerandolo un “atto terroristico”.

La mattina del 14 febbraio, il portavoce del capo del Consiglio presidenziale, Muhammad al-Salak, ha annunciato che gli USA hanno bombardato un gruppo terroristico alla periferia di Ubari, nel deserto libico. Al-Salak ha dichiarato alla stampa che il raid è avvenuto nell’ambito della continua cooperazione e delle relazioni strategiche tra la Libia e gli USA nella lotta al terrorismo. Al-Salak ha confermato che il raid è stato sferrato in un sito in cui si trovavano diversi sostenitori di Al-Qaeda, alla periferia di Ubari. Una fonte militare della sala operativa dell’esercito a Sebha ha riferito che il raid statunitense ha colpito un gruppo in fuga, che si ritiene faccia capo ad Al-Qaeda, nel deserto sud-occidentale di Ubari, e ha aggiunto che questo gruppo terroristico era fuggito una settimana fa dal quartiere Al-Sharib, situato a nord di Ubari, verso il deserto meridionale della Libia, e che si ritiene che tra i suoi membri vi siano diversi stranieri. La fonte non ha escluso che il gruppo stesse progettando di attaccare il campo petrolifero di Al-Sharara o quello di El Feel, prima di essere bombardato. L’AFRICOM ha tuttavia smentito di aver sferrato questo raid e, a tutt’oggi, nessuno ha rivendicato la paternità di questo bombardamento.

Nel frattempo, il Ministero della Difesa francese ha reso noto che alcuni velivoli francesi modello Mirage 2000 hanno sferrato, il 3 febbraio, diversi raid nel nord del Ciad per fermare un convoglio composto da 40 veicoli armati provenienti dalla Libia. L’Agence France Presse ha riferito, citando un comunicato pubblicato dal Ministero, che “questo intervento è stato lanciato in risposta a una richiesta delle autorità ciadiane, e ha permesso di bloccare questa avanzata ostile e di disperdere il convoglio, che stava penetrando all’interno del territorio ciadiano”. Nel comunicato non viene specificata l’identità o l’appartenenza di questo gruppo armato.

Gli ultimi sviluppi

Intanto, le forze armate libiche guidate dal Maresciallo Haftar continuano a realizzare importanti progressi sul terreno: la 128^ Brigata di fanteria, la sera del 10 febbraio ha annunciato che le forze dell’esercito hanno preso il completo controllo dell’accesso di Umm Al Aranib, 93 chilometri circa a nord-est di Murzuch e 173 chilometri circa a sud di Sebha. Il 14 febbraio, a nord-ovest di Umm Al Aranib, le forze dell’esercito si sono scontrate con diversi combattenti dell’IS, precisamente nell’area di Tawiwi, infliggendo ingenti perdite in termini di uomini e mezzi al nemico. Secondo le ultime notizie, l’esercito, dopo aver eliminato 15 combattenti dell’IS, si è scontrato nella stessa area con alcuni combattenti della Guardia delle strutture petrolifere in fuga verso sud, guidati da Ibrahim Jadhran, oltre a una piccola forza dell’opposizione ciadiana.

L’incognita tribale

Fin dal lancio di questa operazione, gran parte delle città e delle tribù libiche di tutto il paese hanno espresso il loro supporto alle forze armate libiche nel Fezzan. Mentre il supporto della popolazione della Cirenaica alle operazioni condotte dal proprio esercito nel sud era prevedibile, sicuramente meno scontato è stato l’elogio da parte di una delegazione di sceicchi, saggi, notabili e attivisti di 23 comuni della regione occidentale alla “pulizia dell’est e del sud del paese”. Questa delegazione ha affermato che “l’esercito sotto la guida del Maresciallo Khalifa Haftar è il garante dell’indivisibilità del paese”.

Alcuni giorni fa è emersa la prima spaccatura nel dilagante consenso dell’esercito di Haftar nel sud: il 2 febbraio, l’Assemblea Nazionale dei Tebu, organizzazione che si propone di rappresentare la tribù dei Tebu e i suoi interessi, pur ribadendo il supporto all’unificazione dell’esercito libico in tutta la Libia, ha condannato alcune dichiarazioni di diversi membri dell’esercito “facenti capo a tribù rivali”, i quali hanno minacciato la componente della tribù dei Tebu e della tribù degli Al-Qadhadhifa (Gheddafi) di genocidio e deportazione. Il 9 febbraio, anche i notabili dei Tebu a Murzuch hanno pubblicato un comunicato in cui hanno ribadito la necessità di imporre la sicurezza in Libia, sottolineando di “aver accolto con favore, all’inizio, la notizia dello spostamento delle forze dell’operazione Dignità verso il sud della Libia per mettere in sicurezza i confini e attivare gli apparati di sicurezza”, ma “ci appare oggi evidente che le cose non stanno così”. La tribù dei Tebu teme infatti che il vero obiettivo dell’operazione di Haftar nel sud non sia ripulire l’area dalle bande terroristiche e criminali, ma dalla componente Tebu.

Mentre le operazioni dell’esercito di Haftar proseguono a ritmo costante e pressoché incontrastate, visto il vasto supporto della popolazione locale, l’incognita principale che potrebbe intralciare i piani del Maresciallo nel sud è rappresentata da un grande assente, Ibrahim Jadhran. L’ex comandante della Guardia delle strutture petrolifere, contro cui il Procuratore generale di Tripoli ha spiccato un mandato di arresto per il suo coinvolgimento negli attacchi contro la Mezzaluna petrolifera, il 5 febbraio ha annunciato che avrebbe contrastato le unità delle forze armate nel sud della Libia, a supporto delle tribù dei Tebu, per impedire di “riportare indietro il tempo al regime militare”.

Haftar a Tripoli?

Anche la Forza di difesa di Tripoli, nata dall’unione delle principali milizie di Tripoli, ha condannato in un comunicato l’operazione condotta da Haftar nel sud della Libia, “che cerca di distruggere le risorse, le ricchezze e il tessuto sociale” della regione e di “militarizzare il paese”. Questa Forza ha infine affermato di essere pronta a contrastare chiunque tenti di destabilizzare la Libia, riferendosi implicitamente alle notizie in circolazione sui social network in questi giorni, secondo cui Haftar si recherà nella capitale libica la prossima settimana. Come riferiscono fonti ben informate, durante questa visita, che sarà la prima del comandante a Tripoli dall’annuncio del lancio dell’operazione “Dignità” nel 2014, il Maresciallo Haftar incontrerà nella base di Mitiga diversi ufficiali e militari della capitale e della regione occidentale; è inoltre prevista la presenza del capo del Consiglio presidenziale, Fayez al-Sarraj, all’incontro.


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